Gli stenografi dei killeristinti aguzzini
Soavi… mastro Titta… Jan Mydlář boia
Che scopre i colli di lontra ai ventisette
Del Regno a Praga nobiluomini un ventuno
Giugno milleseicentoventuno (oppure fatto
Nella torre di Londra o pubblicato nello
Stationers’ Register chissà quando in atto
Il secolo di Thomas Kyd, di Thomas More,
Del figlio dell’umile guantaio nello score,
Più tardi, del suo ippodromo in versi…)
Sul ballatoio ambidestro stenografi:
Acta, i loro, un veder teschi dispari dipinti
Secondo la calligrafia della scure ma a segno
Di scrollar una bacca da un’isoscele a forca
D’avellana…:
san mulinare una dialefe di scura
Testa spiccata dal tronco come quel Turner
Lo strofinaccio oblungo delle turgide nuvole
D’oro e porpora sulle marine nostromo di chine
Del flutto rissoso, d’indachi
D’uno specchio d’acque così lesto e calmo
Che è come l’olio delle tortore più lamentose?
Mentr’io indulgo a un antonimo wiper
Viper nel geloso corridoio che porta a un’ampolla
Al cloruro, a una grolla
riempita di pigne…
Sul ballatoio dei teschi c’è un capestro
O una primula? sulla forca a rovescio il tarlo
Gareggia insieme alla tìpula
A rodere il legno? ognuno di noi
Per intera una vita le ombre
Credendole bottes-rimées di più salde
Inumazioni l’ha coltivate nelle loro fosche maree
Proprio là dove sorgono in veste di tombe? proprio
Così parcelle dei nostri trionfi
Cresciute nel sangue caldo di dee
Vipere moventi incontro all’uovo
Agitando i musi come strofinacci in un palio
Di Tartuca maligna?
Nevermore!