Succhiando il suo gelato, che, come sappiamo, nonostante sia già nominato nella Bibbia nel passo in cui Isacco offre a Abramo latte di capra misto a neve, e nonostante gli annali romani che raccontano di ricchi pasti che si chiudevano con le “nivatae potiones”, per l’appunto dolcetti gelati, fu inventato invece nel ‘500 da un signore palermitano rispondente al nome di Francesco Procopio dei Coltelli della corte di Re Sole di Francia. Succhiando il suo gelato – dicevo – Abdr Ndai El Mazir alza lo sguardo al cielo in direzione della cammella Fakrou, la mitica, il cui collo si prolunga fino ad Arturo, e riflette. Non verso l’Orsa Maggiore per come noi la chiamiamo e per come siamo abituati a fare. Questo perché che i Tuareg, da cui Abdr Ndai El Mazir discende, ignorano l’esistenza di quegli animali.
LUOGHI DELLA CAMMELLA FAKROU
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L’orso dell’Atlante era una sottospecie di orso bruno – anche se qualche zoologo preferisce considerarlo una specie a se stante – la cui presenza, in Africa Settentrionale nell’area della catena dell’Atlante, è solitamente spiegata in due modi. La tesi più seguita vuole che si trattasse di una sottospecie affine, dal punto di vista genetico, all’Orso polare (Urusus maritimus), stabilitasi in Spagna, dove, durante il Paleolitico, viveva nelle caverne dell’Andalusia. Questi orsi ispanici sarebbero stati catturati dai romani e trasferiti in Africa o vi sarebbero arrivati in modo autonomo (lo stretto di Gibilterra è di soli 14 km). La seconda ipotesi, invece, è che vi fosse stata una migrazione da est di Orsi bruni siriani (Ursus arctos syriacus) che avrebbe incontrato l’orso bruno eurasiatico nelle aree degli odierni Marocco ed Algeria, ibridandosi.
Questo plantigrado, che viveva tra il Marocco e la Libia, aveva pelliccia di colore marrone scuro, più rossiccio nelle parti ventrali; era lungo attorno a 2,75 m e pesava 450 kg.