(capitolo quattordicesimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE

La dottoressa citofona a Gina e le dice di chiamare l’ascensore. Il computer è riparato. Gina preme il pulsante, attende la risalita della cabina e quando apre la bussola il computer non c’è. L’architetto dal primo piano nega di essersi servito dell’ascensore. Gina chiede ai muratori di passaggio. Gli operai non sanno nulla. Hanno visto la professoressa uscire dopo avere chiuso la porta dell’ascensore. Consigliano di chiedere agli inquilini del secondo piano. L’architetto precisa che nemmeno Pablo è passato e insinua che il computer non sia stato mai stato collocato all’interno dell’ascensore. Gina chiama la polizia. L’arpista non c’entra ma sa il motivo della maligna presunzione dell’architetto. In una delle sue sortite negli appartamenti in affitto, anni fa, annusando la muffa, tra una parete, un pilastro, tralasciando il soffitto, l’architetto ha toccato le gambe della dottoressa. Lei ha reagito con una decisa e precisa gomitata. L’architetto è stato visto carponi guadagnare l’uscita dall’appartamento della dottoressa. Amanda e suo cognato sono fuori, l’allenatore è sotto la doccia e non apre alla polizia. Ultimo piano. I poliziotti si compiacciono di trovare l’appartamento della collega Visicchio. Nella prossima condominiale si deve fare luce. Un paio di plafoniere sono state lesionate negli ultimi traslochi. Una lampadina non si accende. Con l’andare vieni degli operai nessuno ha preso in considerazione la necessità di sostituirla. Buio e lamentele vanno di pari passo con le perdite, lo scatto dei salvavita e odori forti. Il timer è da regolare. In un ambiente ostile, onnivoro, mobile e dispettoso è possibile che un computer sparisca.

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