“è questo il problema”, hai detto
e dicendolo piangevi sulla vestaglia, e gridavi che il problema “è che non so un cazzo di ‘sta cazzo di vita, ecco qual è il problema
cazzo”. poi hai aggiunto “scusami, così non va bene, è che mi sento impazzire, t’ho chiamato
avevo voglia di vederti, di stare da una parte che non fosse la mia
ma vedendoti entrare dalla porta
appena t’ho visto
ho capito che sarebbe stato impossibile
che sono una pazza dal destino friabile
solo paura, ho tanta paura che la luce si spenga, di rimanere
in quel buio che ti soffia l’inverno nei muscoli e t’irrigidisce
le rughe”
ti ho osservata a lungo, in silenzio
pensando che in fondo
non sei che un corpo tagliato a metà, un peso piuma che non tocca terra
odore di cipria, spazzole d’argento, smalto alle unghie. ho pensato che da te non mi aspetto molto, in fondo
dopo un po’ hai chiesto “t’è piaciuto il tè?”
ho risposto che il tè era ottimo
“infusione cinese
molto eccitante, parlo sul serio”
“grazie”, hai detto
“non c’è di che”