L’HOTEL DEL SIGNOR GRIGOLI

C’erano ovunque televisori accesi. Si respirava aria di guerra atomica. A Comiso i cruise erano in codice rosso e si diceva che i russi muovessero dal mar Nero. Passando tra le auto proprio davanti l’emporio D., sulla Vicinale 14, mentre i miei litigavano sentii Gillespie, Corea, poi gli Area, in Luglio agosto e settembre. Mi lasciarono al bar dove Billi mi fece segno di scendere. Gli andai dietro fino a quando non sbucammo da una torretta su un terrazzo di mattoni. Mi indicò in lontananza delle navi da guerra che incrociavano in mare aperto: una fila interminabile di macchie grigie e pennacchi di fumo; poi aprì la bottiglia di amaro Averna e bevemmo. C’era l’intero sistema solare lassù, dispiegato da un muretto all’altro dell’altana. Mi ricordo perfettamente della luce irreale. Di noi, che man mano che passavamo tra i pianeti allineati, ci spingevamo, sciogliendoci in minuscoli cristalli.

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