ora che (20) – marzo 1980 –

– ora io con tutte queste porte che si ha l’abitudine di frapporre tra un bicchiere d’acqua una scala un letto

– queste storie delle marchette dei soldini della mamma e dei figli e delle figlie che vanno e vengono e fanno e parlano di soldini moto con o senza la mamma mentre lui c’é e non c’é

– il filino non più scarlatto ma soltanto rosapallido della stanchezza

– questo fumo sulla città che rasserena ogni faccenda questo magnifico fumo

– questa storia del fumo

– che gli avvenimenti iugoslavi sono ottimamente sistemati sulle montagne di confine nei boschi chiusi nei loro forti cappotti di panno col mirino in un occhio e l’afrore penetrante delle resine in una narice

– che perfino amnesty international con la forma attuale dell’aspirina

– che tutto questo non come allora ma ora

– che per un solo minuto mi distraggo dalle incombenze della mia giovane scienza portuale

– nel fumo ascolto i tuoni che si avvicinano

– l’artigiano con un ritardo di 3 mesi porta a francesco e rosa i pezzi restanti della camera da letto in noce nostrano

francesco & rosa dimenticano un po quello che solitamente ricordano con fastidio aprendo e chiudendo una porta attraversando una soglia

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