(4.4.80 ore 16)
– sono quasi congelato quasi pietra e infine quasi febbre visiva
– ragazzo dimmi dove devo stendere questi merletti queste corde di farfalle intrecciate e se devo nascondermi la faccia con tutt’e due le mani
vedi tu che pomeriggio giallo-arcano é questo per tutti i marchesi e le duchesse che stanno al balcone un minuto con profumate walther 45 in mano sparano ai fiori dentro le aiuole del condominio e soffiando nella canna dicono alla ragazzina
‘fallo anche tu, bravina’
– in questo senso io sono leggermente fuso nello stagno
– osservo la foto “J.S. – metropolitan museum 1923”
– sono passati 57 anni e il vento é tranquillo
– salgo due gradini e mi irrigidisco nell’ombra dell’arco mi nascondo un occhio e con l’altro sistemo le piegoline della gonna e intanto mi guardo le caviglie e le scarpe e cosi mi annaso il tepore che sale dal mio petto
– mi sposto nei leggeri pantaloni di gabardine color perla sbottono la giacca sospiro il nome di tatlin chiudo gli occhi e accarezzo le torri arcane che brillano contro questo lentissimo pomeriggio di studio delle lastre delle relazioni di una città privatamente pubblica
– continuo sotto l’arco del garage a sentire gli spari che producono le foglie secche strusciando l’una contro l’altra
– il transito é ancora lontano immergo la faccia nel cemento fresco chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro nel ventre nella cassa toracica nelle biglie organiche