« Ho il cuore più pesante di una pietra.
« Non ce la faccio più a portarlo.
« Non ce la faccio più a sorreggerlo.
« Presto crollerò sotto il suo tallo! »
Disse Archimede alla sua leva che propaggina
Onnipotenza, ma come se lo dicesse a caustica cetra
Intirizzente – o lo sussurrasse al Lied d’un’aurea cincia
Di schegge. E aggiunse, al traforo nel legno, il tarlo:
« Sono una noce sconfitta dal suo mallo! »
E alla cellulosa che la chioma del Libro imburra:
« Il frontespizio è nel sommario » – all’esterrefatta pagina
« Someggiata nella soma dell’asina, e tutt’un gregge
« In una pecora. Editto imperiale in rescritti di provincia! »
L’obelisco della maiuscola del primo capoverso le sussurra.