I nostri infiniti avvicinamenti inizieranno così a organizzarsi, e lo faranno in atomi e atomi di curiosità.
Avremo a ogni cosa anticipato ascolti e osservazioni,
una civiltà minima ereditata quale giustificazione ai nostri seimila anni di presenza,
così rendendo un ambiente utile, potabile
(un segno positivo avanti),
finché “il dimenticato enzima del pioniere possa finalmente riattivarsi”.
Magari quel che andremo un giorno dicendo, scivolerà via l’ennesima grammatica del tempo,
essa non prenderà, si slaccerà, e cambieremo, va bene…
Ma una singolare prospettiva di un mondo infinitesimo in paragone a una stella più grande e a un’altra ancora
(Arturo e poi Pistol Star)
accenderà invece i tuoi filosofici occhi su uno spazio tra i pochi centimentri di un banco e la finestra,
attraverso la quale osserverai le tue domande, i tuoi cieli ora incredibili,
Robertina
(sempre ridendo).
Un fiore che comincerà a ragionar galassie e nuovi precipizii di senso,
e non sarà il solo, se da una semplice frase arriveremo a un orizzonte.
E da un lato così scorgeremo quel che dicono potere e da un altro un ospite,
potere/ospite,
in un contrario, in una partita finalmente fertile, logica, anarchica.
E ci sorprenderemo allora a notare come il buco del preteso governo mondiale
(lo attraverseremo senza fermarci)
fu comunque il tempo che fece perdere
senza poi mai arrivare a una voce reato.
Mentre nel metodo, invece, conteremo come un investimento in una intuizione tredicenne –
quale questa di Jean Paul, esempio –
potesse rivelarsi un propellente inesauribile per i nostri viaggi futuri.