(capitolo ventunesimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE

Trovo l’architetto alle prese con un armadio,  un pezzo di antiquariato. Lo specchio che stava dove ora è l’armadio deve essere sistemato nella parete di lato sopra un cassettone.  Dobbiamo essere in due a sollevarlo ma alla fine è collocato. Possiamo parlare. Mi invita a bere qualcosa.

– no, grazie – Vuole comunque che lo segua in cucina. Apre il frigorifero sceglie una bottiglia, la stappa, si serve un bicchiere di vino bianco. Mi indica uno sgabello:

– allora? – accenna un brindisi:

– buono, sicuro di non farmi compagnia? – Rifiuto per la seconda volta, beve un sorso. Mi dedica un secondo brindisi, svuota il bicchiere, lo posa sul tavolo accanto alla bottiglia, ritorna al frigorifero e tira fuori olive, piatti con fette di melanzana arrostite, pesce spada e salmone affumicato. Consuma senza fretta.

– e allora?

– quali previsioni per la fine dei lavori?

– tempo e comunque meno del previsto

– l’andare e vieni è diventato insostenibile…

– Gli operai sono a buon punto…

si interrompe. Posa il tovagliolo sul tavolo. Si alza, va a cercare in una scansia. Tira fuori tra libri e ricettari una pubblicazione, il fascicolo del centenario dell’accademia, lo apre, certo di essere alla pagina giusta, mi mostra una foto di gruppo: sala di pittura Studenti tra un professore, un monaco e una donna. Dice:

– il maestro D’Alberto e la supplente di icone … li ha mai visti nel palazzo?

– No

– La Visicchio insiste perché confermi le visite della supplente Chiara Desco, qui a casa mia.

– E perché?

– perché ha insegnato in Accademia.

– Potrebbe andare a farsi leggere le carte da Gina.

– Appunto

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