Sala d’attesa dall’ oculista, musica a basso volume. Comoda in poltrona una giovane suora briga per far passare il tempo. Scorre tra indice e pollice le testate delle riviste messe a pila su un tavolino di lato, valuta titoli e foto. Ci rinunzia. Affonda la mano tra le pieghe della tonaca, mette fuori un piccolo libro foderato scuro, lo apre, legge, si interrompe. Occhi al soffitto, riprende a leggere. Per qualche minuto alterna lettura e riflessione, quindi lo ripone e cambia tasca. Tira via un sacchetto di carta, ci guarda dentro, tuffa le dita, ne scarta il contenuto senza uscirle, curiosa, impercettibile annusa. Le note Habanera dalla Carmen si impongono sulle diffuse. Il signore seduto nello sgabello accanto alla suora risponde al cellulare. Poche battute e le porge l’apparecchio. La suora ripone il sacchetto, verifica il visore, si alza ed esce dalla stanza. Quando ritorna riconsegna l’apparecchio. Dalle pieghe della veste mette in vista un ventaglio di immaginette sacre. Le guarda ad una ad una girandole tra le mani. Ancora le note della Carmen.
– Chiudi la porta – le dice l’uomo nel passarle il cellulare.
– si, papà – infastidita. Dal diffusore musica italiana degli anni sessanta. Campanello d’ingresso, l’infermiera va ad aprire. Un terzetto entra nella sala, lei incinta segue, commenta le canzoni e si mette comoda sul divano. Lui barba lunga e in maniche di camicia, annuisce senza entusiasmo. Il figlio di circa sei anni con l’occhio sinistro bendato smania intorno, ad altezza d’orecchio sussurra qualcosa alla madre che riferisce al marito: ha espresso il desiderio di concedersi tre tatuaggi, uno nel collo, uno al braccio e uno all’inguine. L’uomo ribatte che prima dovrà chiedergli il permesso. La suora ritorna con un ghigno compiaciuto e riconsegna il telefono. Non ha il tempo di sedersi che viene chiamata dall’infermiera. Il padre la segue. Si sente il dottore che la saluta e la ricorda da piccola. Adesso è cresciuta, commenta il genitore. Poi la voce della suora che nomina consonanti e vocali e numeri. Non si deve gattonare sul divano, l’infermiera rimprovera il bimbo guercio che indispettito conquista il pancione della madre. La madre lo stacca dalla semisfera e lo imposta a forza di lato. La suora esce dallo studio:
– … l’ho detto: lampi di notte, colori e buio di giorno, quello che c’è e non c’è –
e il padre:
– santi li vedi?
-No, vedo la maestra di icone e il signor Giuseppe, la suora guardiana con il fornitore di uova verdure e farina – ridacchia – non riuscirò ad ingoiare le pillole.
-Forse esistono bustine in granuli del medicinale indicato.
-Preferisco gli sciroppi, ma non sempre si può scegliere.