Con due femori una patella un teschio e di scheletro
Un trapezio potrebbe mediante la zappa colossale
O l’urto dal gran cozzo di vanga miserevole
Un becchino senz’arnese soggiornare nella cenere
Che allude al soliloquio del Castello da Gertrude
La pancreatica e da Claudio lo splenetico zittito
Con lo spettro arcidanese che ha un pérone al curaro
E il diamante della milza che raglia come l’asino di
[Abramo?
Vedere milizie schierate, eserciti già schiere
Scrutare nelle viscere battagliere degli a terra vinti
Le vele che solcano le arcipene come Ulisse
Il Peloponneso… Filtrare tutto
Il salino, in guisa redigerne inventari di crusche e semolini
Che saranno anzitempo prima del lievito eucaristie:
Ebbene a ciò basta il pollice sulla coperta a fregi d’oro
Del messale in bella pelle di caracul o di bazzana
Da cui estrae
Polvere togliendone, una volta la pagina divelta, qua
Un torso di prosa, là un distico o un esametro. Si dice,
E qualcuno pensa, che a guardare basti la prontezza
Della vista e se del caso l’audacia che ti offre in suo
Retaggio la rétina che fa turchini i clivi alle cui dolci
Curve si libra il falco che dalla nostra filosofia, Orazio, che
[fu
Di Prometeo, degenera nei lombi della DAMNATIO, che sono
[ancor oggi
Di Morte. Ma davvero potrete mai ragionevolmente
Voi credere che senza queste parole atte a descrivere
Uno stato d’animo che è come lo scudo ad Achille
Siano possibili le diversioni e in primis di udire nella vista
Che non depista e, in secondo luogo, nel crocicchio che ci
[scruta,
Come con potenza olfattiva il fulmine che corre a testa
In giù fin dentro la nostra e l’altrui buca, il dilemma che ti
[evita
La ritenzione del muscolo rettale in specie? Lo dice risoluta
[la firma
Sopra un contratto che è come una assunzione di impegni
Che porta diritti nell’angoscia. Tutto questo senza la
Parola che non ci venne elargita ma nel nartece
Fu sottratta
Da Prometeo agli dèi non sarà indicibile, non si potrà mai
[più indire. E punizione è
Ch’ei si rigeneri nella parete grigia e liscosa del Caucaso.