che cosa sia l’abitudine
è una curiosità che non osa accostarsi alla pancia vulcanica del mio intellettualissimo rosario portiere panciutello sui quaranta stempiato tempestoso fumatore di luke di contrabbando ex barbiere con moglie sciacquata sibaritica madre di una ragazza stupefacente di capelli di natiche e di capacità di lavoro e di un bamboccetto sui 6/7 anni che armi alle mani guida tutti i coetanei del condominio verso crociate sterminative di presenze su cui é preferibile non indagare
l’abitudine dell’occhio mi borbotta rosario con un ammicco che non decifro è quella di guardare ma io per il mio mestiere mi faccio un obbligo di non guardare con gli occhi e neppure con gli orecchi fumo e questo mi aiuta
mentre ancora sto li a rimasticarmi la guardata con gli orecchi che chissàcome mi spiaccica nella memoria pascal e montaigne
mentre perciò la francia mi si allarga dentro fino ai linguetici quasi miei contemporanei e così mi cade tra le braccia il non francese austin
scivolando di tacco posteriore e palmi di mani in una parigi plumbale e dunque come vene-zia tutta abitudinale
stento ovviamente a porgere a rosario la banconota delle buone feste e rosario perciò aveva già rinfoderato la sua mano
ma volentieri stavo dicendo prendo un gelato alla nocciola che però non c’è sul ripiano verde e nero di plastica e gomma della cassa
mi giro mi guardo qua e su in un bagno di neon sovrabbondante spumoso con una quantità di donne indicativa della mia strimin -zita
ricomincio ad ascoltare con gli orecchi parole che danno il peso specifico di cose precise e interazioni numerarie che fiocinano distanze variabili tra quei pesi quelle cose e tutte queste presenze che strattonano il mio respiro immediato
insomma non é sempre ugualmente praticabile l’acciottolato che connota sempre la presenza della continuità del tema
anche se quasi sempre giova alla pianta del piede alla elasticità degli ossicini e alla scattività dei pesci fibrosi
oggi ora totalmente preso dall’esserci automotorio delle proposizioni e nient’affatto gradendo il servizio l’unica soddisfazione che scorgo è quella dell’improvviso e provvidente ricordo di quanti si reggono con la penna o la tastiera sottomano invocando l’esser presi dall’intraprendenza proporzionesca delle parole
pseudometafore
indicano la banda d’oscillazione tra immediato percorso e presenza divaricante
presenza divaricante e d’incerta apparenza per esempio ALA
parte essenziale dell’esserci dell’uccello e del volare
coperta di penne
foderata appendice
centro
dipendenza indipendente
eccetera
si può anche isolare un campo di indicazioni che spiegano la funzione della pseudo-metafora
che sarebbe quella di esprimere la vocazione di tutte le parole scritte e parlate e dunque della lingua al mutamento incessante dei propri connotati
nel senso che la lingua non diviene e neppure si genera e ancora meno si trasforma
quando qui si dice ‘mutamento incessante’ la mia piccola amica petulante intende subito che l’area centrale di tale indicazione concerne l’assenza non continua di responsabilità dell’esserci
perché 1’esserci appunto non è continuo e quando è non è necessariamente necessitato
sicché le parole e la lingua occupano il loro spazio che non è del tutto coincidente al nostro
con modalità di movimento (e proprio di ‘presentificazione’- santocielo) così diverse da quelle da noi praticate sperimentate inafferrate che è proprio un errore indicarle con le parole ‘modalità’ e ‘movimento’
allora siccome è frequentissimo l’abuso consapevole di tali ‘errori’ è legittimo supporre che sia la stessa innata incontinenza delle parole a generare tanti e tali disguidi di descrizione e di ingerenza
e che proprio nell’area di queste connessioni affiori quasi per una carità verso il ns impaziente sensorio l’esserci della pseudo-metafora
che vorrebbe perciò suggerirci quanto e come fragile sia la natura percettibile della parola e quanto e come munifico-per-fragilità sia il percorso spaziale della lingua
così confesso a mio cugino cillo che ho finalmente individuato la causa più prossima della mia diffidenza nei confronti della metafora
perché questa è quasi il contrario di quella della pseudometafora
da qui dunque potrei subito ricavarmi una bipartizione utile a spiegarmi perché rileggo con piacere un testo e perché abbandono un testo dopo averlo appena appena assaggiato
sto parlando di testi ‘passati in giudicato’
diventati ‘classici’ della lettura e anche un po del pensare
perché poi l’intera questione non mi sfiorerebbe più di cosi se non fosse subito dopo l’ingresso la questione del pensare (che naturalmente non é affatto ‘questione’ – ma qui la metafora ha interrato radici così profonde tenaci e articolate che è meglio ridere e soffiarsi il naso)
filippo il cognato di eduardo che è padre di ignazio sostiene solo contro tutti i parenti prossimi che lui filippo pensa come parla e viceversa e filippo è un ciarlone risaputo
‘ciarlone’ sarebbe che parla quanto dove e come con notevole diciamo dismisura del quanto del dove e del come
come si traduce ciarlone in termini di attività del pensiero?
d’altrocanto pensare in termini di visione o di udito o assaporamento che sarebbe?
uno scultore è certo non pensa alla ‘maniera’ di un architetto e questo lo fa di certo in maniera assai diversa da quella di un narratore
lo ‘specifico’ c’è e opera anzitutto ‘dietro’ il fare che lo distingue e sta li a raccontarci le caratteristiche distintive del fare un istante prima che questo diventi professione
di filippo tutti i parenti apprezzano la ‘spontaneità’ ma soprattutto anche se non lo dicono la capacità di dire senza arrossire e senza esitare cose che eccetera
se anche giovanni che non ha alcuna professione facesse quello che fa filippo si sentirebbe molto meno che non sa fare nulla
perché infatti quel ciarlone di filippo non sa essere e fare altro ma ai parenti non da proprio l’idea di un perditempo inetto anzi
io carissima mariasanta mi fermerei qui con quest’accenno esemplificatorio sulla paeudo-metafora
volendo sottintendere che se un pittore pensasse anche alla maniera del pensare qualsiasi e non soltanto alla maniera del pittore che è sarebbe già un pittore diverso da quello che è
la sua pittura sarebbe altra pittura
lo schizomorfismo della sensazione istantanea non ricircola in continuazione in questi ambiti tra l’esserci e il perdersi-continuamente-interrotto
il rapidissimo invecchiamento della musica e della poesia novissime discende da una tale pulsazione imprigionata
perso ogni contatto con lo spazio-erroneo il pensare professionale è continuamente sopraffatto dai dati cronistorici
il suo stesso essere uno specifico è soltanto specificità di quei dati
filippo avrebbe persino tentato di suggerirmi che noi chiamiamo storia una pseudome-tafora che sta per abbandonare i fatti e la lingua
ma per entrare in quale ‘segno’?
in quello delle budella al seguito dell’al-terazione di almeno un’abitudine della memoria
mio cugino paolo buonanima morto 49enne d’infarto non aveva alcuna considerazione di quei pochi ai quali era onestamente affezionato – la sua severissima educazione mentale si svolse in una cerchia di socialisti anticomunisti governativi cinici letteratissimi – lavoratore temerario polemista accorto trattava i soldi come fossero raggi gamma – a questo mio cugino paolo pensare serve poco e male se è soltanto pensare – vedi? mi mostrava i suoi forti bicipiti di chirurgo interrotto i muscoli servono ancora meno – e poi ancora nulla nulla proprio nulla di quello che sappiamo di avere ci è propriamente utile – ci difendiamo da questa disgrazia facendoci le guerre e inventandoci malattie fisiche ma poi anche ci piace parlare e questo rovina irrimediabilmente tutte quelle micro-visioni che ci capitano ogni giorno e che ci trasportano quasi indenni da un giorno a quello successivo – pausa sospiro e poi
visto? in due minuti che carrettata ma tu sei un poeta e sai già ogni cosa
Lawrence Ferlinghetti ad amsterdam nel 1982 cardinale con copricapo e bacile
è largamente noto e notificato che il poeta sta al linguista come qualcosa sta al niente
ed è ugualmente rassodata la dicitura bassotirrenica meglio niente che questo
sicché non solo il poeta continua ad essere scarto ben selezionato ma in tempi di selezione positronica è persino simbolo e sinonimo di cosa con dubbie caratteristiche di concretezza
il ns circostanziale ser austin la collocherebbe forse tra gli incidenti perlocutori
in effetti la poesia essendo ciò che fa nel lettore si posiziona molto a monte del pensare
aldilà dei vagiti della sensazione dove l’interazione inizia a perdurare in un terreno off-off su molti versanti e naturali e culturali e d’interzona
quale momento della ricapitolazione biologica possa contenerlo è esercizio tutto enigmistico
gli idiomi della poesia hanno sempre sociologisticamente una sorprendente inti-mità col silenzio psicologico individuale
e che cosa possa essere questo particolare silenzio è il tema del nostro improbabile dialoghetto d’ora
certo se dovessi seguire le indicazioni che nik frenetico mi mette sotto il naso dovrei affrontare qui di seguito sulla carta uno spazietto vuoto con qualche casuale sgorbio di penna
e questo però subito da il via a una asserzione secca che é questo
il silenzio è una presenza altamente organizzata senza capo ne coda ne tronco bruscamente irriconoscibile in ogni sua parte e sempre straordinariamente prossimo a ogni idea data e possibile di silenzio
detto così somiglia parecchio al niente e al nulla ma assolve ad altri incarichi che fino ad oggi sono stati di pertinenza quasi monopolistica della musica della poesia e dell’istinto
però insomma non mi piace molto il fatto che la poesia (visto cosa rimane di ogni poeta) debba sempre trascinare le parole e le proposizioni che la riguardano anche da molto lontano anche senza cipiglio smolecolarizzante verso zone dove parole e proposizioni perdono ogni diritto al minimo di consistenza per flottare come emblemi dell’umore istantaneo diffuso nello spazio
microdefinizioni dell’effimero
che è solo spazio
l’intimità della poesia col silenzio avrebbe infatti un’origine di natura diplomatica
ci racconta come erigere una gerarchia delle connessioni tra ‘cosa’ e ‘cosa’
come fabbricare la connessione medesima
e dove prendere i materiali
per fare tuttociò molto con discrezione ci suggerirebbe exempla del pensare concreto non nel senso che la poesia insegna a pensare ma proprio nel senso che la poesia rende percettibile l’anatomia e la strutturazione del campo-di-confine tra ciò che é già scomparso e ciò che ancora non é
esattamente nel senso che l’origine del pensare contiene già matura l’inutilità dell’esserci del nome
nella mitologia australiana di chatwin cantare è dar vita al percorso e il percorso (autentica perlocuzione) é pienezza-nelle/delle-cose
alla poesia come a ogni plenipotenziario basta il saper-sorridere-fuori-del-tempo
a proposito dell’istinto la piccolettina del 7° piano correndo con un piede sul marciapiedi e l’altro sulla strada va sillabando a voce alta e musicale
la spò-sa é
la cò-sa é
la rò-sa é
la spò-sa é
la rò-sa è
la co-sa è
la spò-sa é
a-iò-sa é
eccéte-rà
la mia formazione é insulare e questo dovrebbe aiutare la mia sintassi
schidionare significati dovunque sia non-redditizio
un’isola nasce con la carriera già tutta attrezzata in un sacco sulla spalla
dalle storie e dalla cronaca non posso aspettarmi nulla
dai miei conterranei avrò certo il colpo-di-grazia
la mia formazione é anche subequatoriale e mediterranea
mi trovo quindi messo da parte con l’accanimento delle marce oceaniche più volte in una
continuo ad avere relazioni dispettose con la grammatica con la premeditazione coi luoghi della riconoscibilità retribuita
non ho alcuna sincerità da spendere non ho una moralità al capezzale
la mia età è sempre senza scadenza
come tanti dei miei condomini anche ragazzi suppongo a caso e improvviso con calma
e soprattutto la mia formazione isola o non isola é soltanto mia anche nel senso che é stata tagliata sulle mie misure con e senza il mio concorso
la signorina flora ricercatrice di letteratura ispano-americana contemporanea mi significa con energica insistenza che potrebbe essere minimamente utile
ma qui mi guarda di traverso mi zittisce struscia la sua manica sulla mia mi da un bacetto e quindi svelta si eclissa nella canicola del mezzogiorno giugnesco e dunque non disponendo di appendici narrative erotiche ogni accenno eterodescrittivo permane nella fatale giurisdizione della pseudometafora dell’io lirico
ma questo non mi disturba anzi
perché per molti anni mi era sfuggito quanto fossero consanguinei l’io-lirico e 1’io-escre-tore
Zimm volendo potrebbe una sera di queste onorare in maniera speciale il nostro lungo sodalizio voyeristico elaborando una delle sue ricche cene nel segno del realismo dell’occhio sub-marino
perché zlmm é un cineasta-pesce che pensa all’improvviso e si vede
celebrare tra se e se le mura
al sole le impalcature di legno
dimenticato il ponte
mirabolante tra le due rive
il rimorso é l’avermi qui davanti
detesto ancora il selvaggio aspetto
come è vero dio taci che poi