UNA POESIA CHE COMINCIA IN UN MODO E FINISCE DIVERSA

Ho bisogno di rivedere una tua foto.

Spediscimene una, per favore.

Magari quella porno

col cane

che ti guarda piatta

sul tappeto di casa.

 

Come si chiamava il cane?

Roberto, credo.

Il labrador da salvataggio

in mare e al lago

che cagava merde olimpiche

vicino alle altalene dei bambini

giù al parco.

 

Oppure mandami quell’altra

di te da piccola

nella vasca da bagno in campagna e i gerani sul davanzale.

Sì, mandami quella

col bianco e nero dei rubinetti d’ottone e tu bambina

nell’acqua

bagnata e nuda.

Quella è la più porno di tutte le tue foto.

Sì. Mandami quella, ti prego.

 

Te lo ricordi?

È stata la prima che mi hai mostrato.

“Questa sono io tanti anni fa”, avevi detto

mentre Roberto cagava rapito fra le altalene

vicino a noi

giù al parco.

 

Quand’è stato?

Quanto tempo è passato?

 

Non lo so e non me ne frega.

A me serve solo una tua foto

e che sia porno o meno è uguale

era per dire.

 

Mandami una foto con te sopra che voglio farti il vudù.

Ti voglio distruggere, disintegrare, non ho mai odiato nessuno come te.

I motivi li conosci. Sono i soliti per cui due persone che si amano finisce che si odiano: tu gelosa di me, io geloso di te, lui che si intromette, tu che ci caschi (ma ci sarai davvero cascata?), io che mi incazzo, tu che mi dici che non capisco, io che ti mando affanculo, lui che intanto è sparito perché “non era niente per me, te l’avevo detto”, io che mi alcolizzo il fegato e mi limo le corna, tu che fai l’offesa e mi urli che sono cambiato, io che mi chiudo per una settimana in un centro massaggi cinese, tu che reagisci e parti direttamente per la Cina insieme a Roberto, il cane.

 

Mandamela.

Mandami

una tua cazzo

di foto.

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