Mani grandi, capelli brizzolati, baffi, occhi scuri. Non mi sembra del gruppo degli operai che si sono avvicendati durante i lavori. E’ qui per aggiustare la soglia del giardino. Fa combaciare e sigilla con un mastice bianco i due pezzi di marmo. Sistema la lastra con precisione. – Ci può passare un camion – Dice. Gli faccio notare che un’altra pietra quella che fa da scalino dal patio al viale traballa. Si china, la muove, cerca una posizione stabile. Mi guarda: – è così – insisto che prima dei lavori era salda. Conferma: – niente da fare – Do una occhiata alla soglia. Il segno della frattura sembra una venatura del marmo. Lavoro ben fatto. Lo ringrazio. Deve essere il mastro di fiducia del condominio. Mi indica la volta del patio. – Guardi, l’intonaco sta già venendo via. Lavori fatti in fretta – Raccoglie il tubo del mastice, la cazzuola e si avvia all’ingresso. Lo precedo di lato e apro, si blocca. Chiara, la maestra di icone, la supplente, dietro la porta. Il tacco la slancia. E’ da un po’ che bussa ma non abbiamo sentito. La invito a entrare. Si muove comoda. Pantaloni larghi di lino chiari, camicia petrolio. Il mastro di lato scorre la mano sul telaio della porta scheggiato, mi guarda. – Ne hanno fatto danni – sentenzia a bassa voce. Esce. E’ come se la vedessi per la prima volta. Occhi verdi, capelli ramati. Chiudo la porta e faccio strada verso il soggiorno. Ci mettiamo comodi nel divano. Ha in mano il fascicolo con copertina di cartone gialla, sbircio il titolo: “Appunti di iconografia bizantina”. Accavalla le gambe. E’ impacciata.
Taglio corto: – suo marito, è certo della sua abituale frequentazione del palazzo. –
– … è la terza volta in questo stabile. Il prof. Marchi, l’architetto, non c’entra. Mesi fa chiesi di essere accompagnata al padrone di casa, dissi che ero una parente del signor Giuseppe. Non fece difficoltà ma la buonanima fu eccessivamente galante. Andai via di fretta. La seconda volta approfittai del portone aperto per salire ed entrare nell’appartamento dell’ultimo piano. Avevo la chiave. Era già stato svuotato. Scrocconi, avidi. Quei tipi hanno approfittato per spillargli denaro, anche la signorina, la modella. Il signor Giuseppe non si fidava più. Sapeva come la figlia avesse in mente di sgomberare l’appartamento. Avrà chiesto aiuto a Piera la quale a sua volta avrà sguinzagliato gli sciacalli. Il signor Giuseppe teneva che venissi in possesso di alcune cose. – S’interrompe, mi guarda in attesa di un commento. Non dico nulla. Continua: – Sarei dovuta andare a casa sua a recuperare dei soldi che teneva nascosti in un doppio fondo di un suo mobile. Avrei trovato anche delle carte – Mi guarda, continua: – le carte dell’evento, diceva così. Me lo chiese alla fine di una lezione, appena fuori dall’aula e tra le scuse e a giustificazione per la sua cattiva prova disse che era molto preoccupato per i suoi risparmi e mi chiese il favore che le ho detto. Al mio rifiuto insistette perché prendessi la chiave dell’appartamento e mi disse delle carte Era convinto di essere stato testimone di un evento eccezionale. Non aveva smesso di fare ricerche. – Si interrompe, mi porge la dispensa che tiene tra le mani. “Appunti di iconografia bizantina” Non faccio nulla per assecondarla, cambia tono:
– … perché non dà un’occhiata?
– Non sono in grado di capire.
Lascia scivolare la dispensa sul divano, si alza, va verso la persiana del giardino, guarda tra le imposte, si gira verso di me.
– Che sappia era Piera, la modella a procurargli vecchie riviste e opuscoli, anche il fornitore del convento per soldi. E poi il signor Giuseppe mi confidò di avere l’impressione che qualcuno abitualmente frugasse nella sua stanza –
Torna a guardare fuori tra le imposte è incuriosita. Le chiedo:
-E lei non conosce nessuno di questi maneggioni? l’istruttore della piscina ad esempio ? –
Viene a sedersi accanto a me sul divano mi impone il suo indice destro perpendicolare sulle labbra, anche lei con il sinistro si sfiora la bocca, silenzio, sussurra complice:
-Nel ‘37da militare il signor Giuseppe si era trovato nel mezzo di una specie di aurora boreale, seguita da blocchi, scossoni e due giorni di nausea. Sa com’è, anche io voglio capirci qualcosa e poi fare piscina mi piace.
Mi prende la mano, vuole che mi alzi, mi conduce sino alla soglia del giardino, socchiude le persiane, indica il muro alto del palazzo di lato. All’altezza del secondo piano lo sfarfallio di un bel rettangolo luminoso che mette a quadro il muro. Il geco sorpreso in caccia. Il fratello della Visicchio fa prove di proiezione per la serata. Attesa. Inizio rullo. Tempi di avvicinamento. Film: il segnale telegrafico proveniente dalla città annientata dalla guerra nucleare era prodotto dal gioco del vento che muoveva il filo di una tenda impigliato in un tasto morse. Un buon polso. L’ipotesi di un qualsiasi essere vivente scampato alla catastrofe era svanita per sempre. Lo sguardo deluso del marinaio dietro lo scafandro di protezione.