lapis specularis in fogli di grande superficie per i padiglioni e le cabine della villa
mara prende cura di sardanapalo con agile indifferenza e all’ecumenico non serve muoversi per godersela da divo ogni cosa che passa lo fa ridere ogni cosa che si ferma lo turba chi parla la sua lingua non lo capisce chi non la parla lo intende suono tra i suoni fa musica dal corpo da dentro gli oggetti a terra in uno spiazzamento fisico che al dunque esige armoniche balconi terrazze e parabole da dove ammaestrare il canto
orchestrato a loro esclusivo coro di truppa e cosa più gaglioffa a colonna del bivacco vacanziero in tuniche e sperperi danzanti
in uno stato di completo disimpegno nella certezza che nessuno mai ha colto il senso ne alcuno ci sarà che lo colga e se anche uno si trovasse a dire come meglio sia sardanapalo resterebbe beato tra i fumi d’alloro e le lusinghe di mara
l’infante di strada abbigliato pargolo patrizio a tre giorni dalla luna nuova è istruito sommariamente alla lettura del secchio d’acqua maculata d’olio mestamente agitata dalle ancelle evoca
tre pastori in una stalla buia scrostano fregano e lisciano per lucido dozzine di uova di gallina ordinate a righe sul ripiano di un lungo tavolaccio nero e risolte in una media piramide bianca che da lontano sembra un profiterole e altre uova già affogate nel secchio e scarti del controluce accantonati in un diverso solido medio all’estremo sinistro del tavolaccio simile all’ingrandimento di uno schermo con i pixel in evidenza in una tavolozza di grigi chiari bianco sporco
acqua piovana per gli dei del cielo acqua di mare per gli dei della terra acqua sorgente per i morti acqua di fiume per osiride o sarapide
sulla terrazza l’infante disteso sul telo di lino incoronato d’edera si alza a mezzogiorno si toglie la benda la corona e butta acqua dal bacile
sardanapalo freccetta sulla mappa del parnaso flessuoso e preciso con movenze morbide punta soppesa e lancia i dardi a centrare templi teatri e le anse del fiume ghiotte di botteghe galleggianti
vibra colpita a vetta si aprono spettacoli all’interno delle miniere lo sfaldarsi voluttuoso delle rocce nelle gallerie l’accartocciarsi del fango secco frane erosioni e polvere in vortice come acqua
tra un tiro e l’altro sorseggia compiaciuto le chine calda servite dalle ancelle
a terra nell’intero scuro dell’antro la luce entra scarsa un contadino si china smuove un po’ di paglia e porge una caciotta di formaggio fresco con un sorriso sfatto