Nella sala tutto è trasparente. La verità
viene alterata. Qualora dovessero essere raggiunte
o superate soglie importanti di attenzione,
sarà costretto, presto o tardi, a esibire
ripiegamenti, a titubare, a galleggiare.
Al cinema il potere si traveste in molti modi,
ma nella sostanza rimane sempre lo stesso.
Qualcosa succede. Succede a qualcuno
e qualcuno la fa succedere.
Le vicende narrate sono sempre le vicende di qualcuno.
Un avvocato, un insegnante, un politico idealista,
un industriale illuminato. Un personaggio
con aspetti peculiari opera entro certe situazioni.
Muove verso un oggetto, agisce su esso
e sul mondo che lo circonda. Si spezza o resiste.
È ovvio che quando una persona muore
c’è sempre qualcosa che la fa morire. Un colpo di pistola,
un malore o una caduta accidentale
sono solo alcune delle tante cause che possono essere
sostituite da altre nel causare la morte.
Una connessione compulsiva di vittime innocenti
potrebbe innescare un meccanismo di immedesimazione
seguito da problemi di scollamento dalla realtà
e disturbi invalidanti quali deliri e allucinazioni.
Lo sguardo si lascia trasportare dal flusso delle immagini.
Un disco che ruota su sé stesso. Una schiena nuda.
Una cascata di sangue. Un cavallo abbandonato
lungo gli argini del fiume. Una chiave che non apre.
Una scatola nera. Il nemico da abbattere.
La finestra oscurata. Lo specchio coperto. Una gabbia.
L’atterraggio dell’aereo. Il dettaglio. Un temporale.
La testa mozzata. Un occhio che si decompone.
Il retaggio di una riflessione. Il che è insensato.
Lo schermo si traveste in una manica di opportunisti
privi di coerenza che tramano di abbattere
una flotta di aerei su degli edifici adibiti
a ospedali, cliniche private o case di cura
dove i degenti trascorrono gli ultimi giorni
di una vita che si spegne lentamente e ha lasciato
un ultimo sussulto di spavento prima di finire,
fuori campo, per generare un nuovo equilibrio,
per fondare un nuovo nucleo sociale.
Riprendere un oggetto significa delimitarlo,
ma anche staccarlo dal contesto, mostrare
solo una parte dello spazio, con un lento
piano sequenza, la dimensione
più sicura, gli elementi situati fra l’alto e il basso.
Un volto, un gesto, sono i punti di partenza
che a partire da occorrenze poco chiare
attraversano la sala con una gamma
di immagini e suoni a portata di mano,
un raggio di luce che sgorga sui volti,
che si trova a passare per gli occhi.
La mano batte sulla coscia. Prende gli appunti.
Strofina bene i palmi sulla carcassa,
in un abbandono momentaneo. Sono piene di colori.
Pensa alla voce fuori campo, quasi cercasse
qualcosa. L’uomo giusto, al posto giusto, al momento
giusto. Si manifesta esplicitamente. La sinossi
che consente di reperire i nodi principali. Lo sguardo
in macchina. Il gesto che la sostanzia. Mentre
viene a sapere del pianoforte caduto dalle scale,
il brulicare delle formiche, il treno che arriva
alla stazione, l’avamposto di frontiera, i fucilati,
la ballerina, nelle sue molte facce.