Anni dopo.
Pensando e aspettando, un mattino fisserà il cielo e le nuvole, e vedrà Americhe senza sud e con l’Alaska in Africa, un’Argentina che andrà un po’ dove vuole, e l’Australia sarà piccolissima.
L’Europa… L’Europa, la lieve condensa lì in alto, nel quadrante destro, non avrà un viso da Europa, forse non sarà neanche lei, e non la saluterà nemmeno, almeno fin quando non si volterà.
Poi,
uno sguardo all’ora che ancora non arriva, con le lancette che avranno avuto pur sempre buone intenzioni, sì,
ma il loro movimento sarà stato troppo, troppo dipendente dalla cassa, dal dentellino dell’ingranaggio.
Ecco, immaginerà in quel momento un mondo senza alcun dentellino che ci libererà finalmente le ore,
così che quel giorno il sole sarà un caminetto e quei palazzi cominceranno a parlarsi in altezza, esposizione e intonaco.
Avremo alzato lo sguardo –
vorrà dire –
oltre il temporale,
il temporale che avrà lavato via per sempre tutti i volti di tutti.
E così,
liberi dalle lame del caldo, i muscoli delle espressioni inizieranno un po’ ovunque a testimoniare la fine della nostra guerra.