faccio tutto, facci caso,
pure se ho scritto per te tanto,
tenendoti il muso, sì,
ma almeno un milione di frasi intanto
ti ho detto e ti ho fatto
e cantato almeno decine di standard
anche se tutto vuoto è intorno,
già, come sempre era stato…
faccio tutto, faccio ancora,
che a imparare si sbaglia, sempre,
soprattutto imparando
una strada, una cosa, ecco, la vita
falla e sta zitto, tutta,
quella che viene, sì, faccio vita
ch’a impararla si sbaglia
ma non, però, di qualche attimo in giù…
faccio padre e madre, faccio io,
da un tempo che si perde,
e facendo di me, di me che –
che poi l’ho fatto di te,
l’ho fatto di tutti, d’ogni –
sbagliando – con chi poi ci è stato
e chi no, e non dire perché,
farei di tutto un perché…
perché il tempo è questo, ecco,
tempo faccio (ho fatto il mio)
tempo che non c’è, che non arriva,
non son questi i pianeti,
non è questa la storia,
la geografia, ma – vero! – faccio,
sì, anche qualcosa di più,
di più che ci ho perso la faccia…
faccio tutto, tutto in rincorsa,
un lavoro, un amore e stare,
e stare e aspettare, allora aspetto
a pensare ma il pensiero
non viene, non parte il concetto,
non parte più niente, certo,
non so cosa faccio per farmi campare,
non so spiegare…
faccio tutto, faccio scuola,
faccio luce nella tua vita
che vedi e rivedi e hai rivisto
e non hai mai capito mai,
sai, così inghiottita,
pensi di averla fatta tu la mossa,
credi, quando il tempo,
quando questa storia di storie muore…
ma alla fine, ultima ipotesi,
faccio sempre, mentre
merda fuori piove, sì,
ne piove tanta e non ti ripari
e alla fine non la senti più andando,
come tu,
ché alla fine, ultima ipotesi,
citòfoni mondo…
(ma strani i voli tuoi,
non cadono veramente mai!)