Al Signor Alfonso Lentini, sede – Alla Signora Annazelda Infantolino, sede – e, p.c., a tutti i Lettori de “Il Cucchiaio nell’orecchio”:
Nel racconto apparso sul nostro giornale il 22 ottobre 2020 u.s. intitolato “Quel che vede Annazelda”, a firma di Alfonso Lentini, la cui protagonista è giustappunto la Signora Infantolino che ci legge in copia, è stato smarrito un maschio di Bengala color black spotted, microchippato, con medaglietta identificativa recante il suo nome: Tribaldo Basilisso di Colongo. Durante il passaggio tra il terzo e il quarto rigo, o tra il secondo e il terzo – adesso non ricorda bene – scrive la proprietaria, qualcosa è andata storta e l’animale in men che non si dica è sgusciato via. La Nostra amica, da quel giorno, legge e rilegge il racconto senza riuscire più a trovarlo. Questo – e qui piovono le accuse – perché la “stringa temporale” in quella pagina è premeditatamente indefinibile. Per cui: quando lo cerca, il gatto non esiste; se lui esiste è lei a non esistere; se entrambi esistono succede che siano contestualmente uno nell’appena, l’altro solo nel quasi; se lei esiste male, l’altro esiste solo nella mente degli altri. E così via. In un crescendo angosciante di vuoto generale, capirete. E’ stato solo a un certo punto, chiude, e solo per due o tre secondi, che i due si sono incrociati e che la padroncina si era illusa finalmente di averlo riacciuffato, quando per pochi istanti sono esistiti entrambi. Ma è stata appunto solo un’illusione. Dato che nel medesimo momento era la Signora Annazelda a non esistere. Lentini, inoltre, aveva scritto appena il primo rigo. La dottoressa Fran, quella poi.