due braccialetti al polso destro, le figliole l’hanno perduto.
Spetta a me ricordare. Ma che cosa?
Socrate stasera parla di anarchia. Rispedisce al mittente la domanda.
Come può svanire il principio?
Sì, Dio e verità sono ipotesi, che il potere usa per conservarsi
Ma come può svanire il principio?
Cammino svelto nella macchia. A fianco una radura.
Proseguo il sentiero. Ma lo spicchio di sole, il triangolo di luce
Intravisto tra i rami e il prato di erba secca. Sentiero vago, imboscato
Non ricordare, non l’idea o la somiglianza, no. Discosto rovi. Dove sei, presenza
immota, non scelta, che dura niente, pochi istanti… si può nominare?
Un respiro profondo che perdura
Anche dopo che è finito. Oppure uno scendere: assenza, incorporeo
Alito, aroma, mescita, frutto, fece, disfarsi. La natura invisibile
La parola impronunciabile.
Chiamo, gli do del tu, ma non risponde. La parola si spegne.
Resto io, fermo. L’io diventa Tu e ti parla.
Resti fermo. Ma sai perdurare?
Dici “faccio le cose in cui credo” e già non le credi più.
Chiedi alle stelle cadenti come i cretini
una parola che ti possa sostenere.
Ma puoi perdonarti? Di essere un po’ strano, frammentato
le salse dai sapori sconosciuti, kepabbaro aggiungi, mescola,
sporca il piatto
e col tavor sono quasi felice, se a una festa di malati
posso cazzeggiare e contemplare
l’integrità non esiste. Discosto rovi. Dove sei… gesti tesi scattanti
parole che smuovono fanno largo
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