Marzio, ti dicono, è un soggetto bizzarro, frequenta i boschi / dove abbraccia appassionatamente le querce, i faggi, i castagni, i platani / Marzio sostiene che gli alberi percepiscono la stretta delle sue braccia / e gli rispondono con una vibrazione d’affetto / lasciando crescere una intimità peculiare tra vegetale ed animale / Del resto, dice Marzio, le scimmie pre-humane dove vivevano se non sugli alberi? / Dunque, una lunga consuetudine di convivenza ci lega a loro / Rifugio e nutrimento, durata e saldezza e loisir stanno a cementare il rapporto tra noi e la natura arborea, e l’essenza arboricola / Don Marzio, come alcuni lo appellano, è tutto dalla parte dell’ecologia / quindi in un certo senso della metastoria / la storia non gli piace, al punto da proclamare: voglio essere libero di parlare male di Garibaldi / e pure di Mazzini e di Cavour, cioè dei principali spacciatori dell’Unità d’Itaglia / Ma soprattutto ce l’ha con i due Giuseppi / il capobanda fanfarone con la camicia rossa / e il latitante sovversivo che mandava gli altri a farsi ammazzare al suo posto / come quel fanatico avventurista di Carletto Pisacane, ucciso a Sanza dai gendarmi del Regno delle Due Sicilie / Miti risorgimentali da consacrare? Giammai! Da esecrare semmai, / ruggiva don Marzio per mera antipatia antistorica / e non per simpatie neoborboniche che lui sprezzava tanto quanto quelle filo-savoiarde / e così, quindi, se ne andava a trastullarsi e addormentarsi tra i rami di un vaporoso leccio…