Nel procedere, la dinamica del tuo dire essenziale concede lo strapiombo,
la vertigine
del profondo
nel procedere
lo strapiombo del tuo dire essenziale, masticato fra la parola e il gesto,
raccoglie nel diverso i fiori del pittosforo il petalo del ciliegio
le bombe a grappolo nella notte il pastore sulla murgia,
in inverno,
«Pronto? L’innocenza».
Il canto, quando è cosmico,
contiene ogni solitudine,
o strapiombo, nascita.
Nel procedere del tuo dire essenziale, vedi Saverio,
ho contato i moti dell’universo che già nel pensare che una
tale forma potesse suonare,
già, una tale forma, ecco, il suono monotono
di un fischietto di terracotta contiene tutte le poesie del mondo
e questi corpi,
illuminati come ferite, di tante nascite,
tutti,
di una nascita,
tutti questi corpi
di infinite nascite,
univerbati in un solo fonema
nel mulino cileno dei colori simultanei sopra il cornicione del cielo
le spighe del sole,
il ponte Mirabeau, le rose metalliche, la notte, queste fantasie verbali, figlio figlio,
nell’esercizio dei nostri fiori il tempo è un’invenzione
che mentre i corpi sfarinano,
che mentre i corpi, sfarinano, albeggiano ogni giorno
le nostre rivoluzioni secondarie; il respiro, il suono, un libro
; queste nostre azioni, ora primarie, il mondo il mondo,
o «la poiesi orologio della storia».
Testi estratti da “Già così tenera di folla (per F. S. Dòdaro)”, Oèdipus, 2019