(L’OCCHIAIA. 96.”Bipedi 15”)

C’è come melassa sotto le suole degli intervenuti  ammassati in ossequioso silenzio nel corridoio fra i banchi allineati a destra e a manca lungo la navata centrale. Si lumaca. Due passettini alla volta in avanti poi  per interminabili minuti si rimane bloccati a boccheggiare in prossimità di odori singolari che spesso si mescolano e rimescolano a casaccio tra loro dando vita a fetori insopportabili. E tuttavia ciò non impedisce a decine e decine di teste di girarsi verso il colpo di tosse scoppiato forteforte, benché prontamente soffocato dentro un bavero alzato, là in fondo, proprio quando un movimento sospetto, sulle prime, anche a sgranare bene gli occhi, appena percepibile, fa ondeggiare di disgusto la folla già spazientita per l’attesa:  qualcuno  frana addosso a chi lo precede, lo spintona con crescente insistenza e frattanto  gli scivola allato per meglio appiattirsi dentro un varco appena adocchiato da dove, facendosi largo a gomitate, si apre un passaggio che, non senza  intoppi, lo porta accanto al morto, liquidato alla svelta con una croce scarabocchiata sul legno della cassa e, da qui, pochi metri più tardi, davanti alla prima di una lunga fila di mani imparentate dal dolore… Non una lacrima riga il suo volto impassibile mentre, una dopo l’altra, le conforta con una stretta personalizzata…

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