(L’OCCHIAIA. 97.)

Stretta ai lati da muri fuori piombo che sanno di gesso, di fianchi d’animali, di gomiti sbucciati, la via, vinta la voglia del ragazzo che la spinge ogni giorno fino all’imbocco di un sentieruccio erboso e, da qui, saltellando come un rospo, ad addentrarsi nei campi di maggio in cerca di quelle piccole prugne saporite di un tondeggiante verde acerbo, si ferma a ficcanasare nell’oscurità stellata da capricciosi turbinii d’elitre, pagliuzze e piume rossicce intravista attraverso lo spiraglio odoroso di carrube di una vecchia porta socchiusa…