Sulla pelle di un uovo era scritto “trasformami”. La stessa parola potevamo leggerla sulle ali delle mosche, sui termosifoni dal fiato rugginoso. Potevamo leggerla su quel vecchio libro di carne umana che da anni tieni nascosto nella polvere dietro il frigorifero. Era festa di dita ogni volta che versavi il prosecco ghiacciato nel bicchiere. Poi ti alzavi la gonna e ti facevi carezzare sotto le mutandine tra le sirene delle ambulanze che trasportavano betulle ferite e clamori di barricate in fiamme. Era la notte furibonda delle trasformazioni; eppure, fra le barricate in fiamme, da qualche parte era scritto “ripetimi”.
TRASFORMAMI
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