FORMICHINE (1)

Dune di ferragosto gialloro

intrecciare silenzi

con rare palme druidiche

sul mare che sonnecchia

tramontando

 

Avresti dovuto perdere

con il gusto e l’olfatto

anche la vista

mentre il gelo ri rode il giochino

 

In quell’assenza che chiamano spazio

e in quell’attesa che chiama vertigine

tu rifai il verso alla vita

ricostruendo nelle pagine di un giornale

la dolcemente sanguinosa ferita

di un finale di maggio

 

La corona di pietre alle tue spalle

arida di qualche ciuffo celtico

stranito regola la comunicazione

della dissenteria urbana

 

E più ti fai interlocutore di speranze

più ti meticci nella prodigalità

di chiarezza

più ti rapisce la malinconia

del segreto

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