IL BELLO DELLE COLONSCOPIE

Le colonscopie non sono mica tutte uguali. È questo il loro bello, il bello delle colonscopie. Ogni volta è una sfida. Lo strumento va introdotto fino al cieco, ma il percorso è incerto, tortuoso, sempre diverso; e se giri a destra, inoltrandoti dopo la parete dei diverticoli, puoi trovarti di colpo davanti a un bosco innevato o a una palude piena di serpenti. Se tiri dritto verso le mucose lucenti e rosate, in quei paraggi possono assalirti certi cani randagi dalla lingua gocciolante di saliva. Non sai mai cosa può capitarti di incontrare, ma questo è il bello, il bello delle colonscopie. A sinistra, poi, attento: dopo quel tornante tutto gibbosità, ti aspettano nuove avventure. Ed ecco, ecco la Montagna Ematica, squillante di rosso, che si perde in alto verso le nuvole almeno per tremila metri. Il bello delle colonscopie è riuscire a superare gli intoppi, le curvature troppo strette, le contorsioni del colon e anche quelle del paziente che, pur essendo sedato, a volte oppone resistenza, scalcia, tenta la fuga. Certo, mentre ti inoltri, lui – il paziente – non può muoversi ma può sognare boschi paludi cani montagne. Allora bisogna sottomettere i suoi sogni e picchiare duro. Il divertimento delle colonscopie è che puoi avere visioni sempre nuove. Di storie se ne raccontano tante, storie di colonscopie, e mi ha davvero commosso quel giovane medico quando con grande emozione mi disse di aver visto una volta brillare nell’oscurità, giunto ormai in fondo in fondo ai bordi del cieco, certi occhi verdi, di quelli – mi disse – “di quelli che non ti scordi più”.

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