Mio padre non sapeva disegnare. O meglio, qualcosa sapeva disegnare, essendo stato ladro e poi ragioniere, disegnava bene planimetrie di case, servendosi però di goniometro e righello. Da quando comprò il mio astuccio elementare, qualcosa in lui cambiò: scoprì i colori e la mano libera. A Natale finì di disegnare sul mio quaderno giallo il suo primo capriolo. La maestra non poteva credere, gambaro ma l’hai fatto proprio tu o il tu babbo. Babbo non ne ho maestra, ho solo un figliolo. La maestra si zittì. Da allora mio padre trascorse tutta la sua breve vita a disegnare caprioli nella mia stanza. La sua tecnica si perfezionava proporzionalmente al rimprovero della maestra: gambaro, ma tu disegni solo caprioli. In genere mio padre incollava i suoi caprioli sulla cima di certe montagne, poi sugli sfondi grassoverde di figurine della pedemontana, sulle macchie di benzina degli sfoghi autostradali, in torte nuziali al posto degli sposi di zucchero. Quando morì trovai, nella mia stanza di cinquenne, 1368 disegni di caprioli mai disegnati.
(2018)