Ti presto questa faccia da medico condotto, da viaggiatore di commercio, da scrivano se vuoi. Ho sempre preso sul serio la vita: come hai fatto tu. E mi sono immaginato le tue insonnie, metalliche gru spiaggiate sulla costa del Baltico. Le mie insonnie sono arrampicarmi fino agli orologi elettrici di New York a spenzolarmi nel vuoto serio e solenne della vita: si spalanca il cielo sotto i piedi ed è strada marciapiedi passanti negozi auto.
Nel tempo di una traversata (dal Baltico a New York) l’insonnia dei secoli
ha la disciplina del silenzio meditante nel bianch’e nero di un film l’orlo degli orologi
brucia la pellicola ed è paradossale che io, attore del cinema muto, ti parli senza fermarmi – ma è perché posso immaginarti seduto in un cinema a guardarmi dal mio passato, a guardarmi dal tuo futuro e forse ridi della mia faccia seria ben sapendo quant’è seria la vita e che nelle strettoie dell’esistere solo il pensiero è feconda insonnia.