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Dal gomito di una buia scaletta d’aprile un pugnetto di baffi rizzi e setolosi saettavano avamposto di un’ombra indolente che s’intuiva rannicchiata per l’agguato. Si rincorrevano antiche voci sul Gattomammone che popolava i fantasmi dell’infanzia: che abitasse i pozzi profondi pronto ad emergere con i suoi affilati artigli; che fosse nero gigantesco vagamente più simile ad un orso che a un felino; che sapesse vedere a distanza ogni dettaglio, trapassando il suo sguardo ogni barriera; che sapesse prevedere i temporali ed arrivare con il lampo per colpire col tuono e scomparire col vento.
(da SESCION, 7 siciliani, I Quaderni del Battello Ebbro)