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Ma gattomammone nessuno l’aveva mai visto. Per questo, quella sera, lui stesso si stupì di apparire. E l’ombra si materializzò in un corpo flessuoso dal pelo fulvo dai riflessi d’ambra, dagli occhi brillanti come i diamanti del marajah dell’Assam, dalla testa fiera come il vincitore di Lepanto, dalla coda lunga e morbida come una carezza, e tesa e ardente come una frusta. Ora, Gattomammone scendeva con lentezza estenuata e aristocratica, come se due ali di folla lo acclamassero deliranti implorando uno sguardo. Giunto sul pavimento, si diresse ondeggiando verso il centro del salone, come se andasse a ricevere la corona d’alloro dai senatori; poi, il suo compiacimento raggiunse la curva subliminale strofinandosi contro angoli e poltrone, dinoccolandosi tra tappeti e porcellane, smammellandosi fra cioccolata e sottane di pizzo.