Poiché l’arte è fatta di umiliazioni, di fallimenti, di marginalità
…
Oh madre mia, gli artisti…
Gonfi d’aria fritta, ti dico
Li vedi scodinzolare per mercatini, rosi di rabbia e lividi d’invidia
I miserabili imitatori…presuntuosi e spudorati
Impostori quasi sempre (che si abbandonano al narcisismo dell’incontro-riscontro)
Che si concedono al bla-bla e che spasimano tra vibranti beghine e ammuffiti citrulli
sorridendo alle stridule maranteghe e sorseggiando intrugli vinosi
…
Gli artisti prima sono da condannare e poi da salvare (indubitabilmente)
Poiché non producono merce ma umanità
…
Dovreste darvi da fare, maestà, fare mostre, dare visibilità alle vostre opere
Sono una tartaruga, galileo (movimento, azione, agitazione, non è nei miei registri)
(pausa)
Gli spazi espositivi, dove in sostanza il corpo dell’arte incontra il corpo sociale
Oh madre mia, questo necessario consegnarsi al pubblico
Un pubblico che non cerco, galileo, un pubblico che non voglio prendere né avere
Un pubblico al quale non ho molto da dire e che in verità mal sopporto
Le mostre sono sempre sconcertanti e le gallerie e i musei spesso sono dei cimiteri
(dove si ritualizza l’opera e al tempo stesso si neutralizza l’opera)
(dove l’opera viene ammortizzata nell’autoreferenzialità)
…
Siamo noi, che abbiamo fatto del pubblico ciò che è
Ma voi credete nell’arte, Maestà
È vero, che vergogna, Galileo (un uomo come me) … imperdonabile
(Da “La questione del Gatto”, inedito)