Sulle note finali dell’Inno le luci si riaccendono.
MacLoss, sguardo coinvolto e severo, domanda che il ragazzo dei Ghiacci Rossi ferito venga condotto sul palco. “Lo voglio qui, di fronte a me.”
Subito alcuni agenti della sicurezza lo recuperano, trasportandolo con cautela. Il ragazzo geme come un sonar, in frequenze di 3¿·ÿø„ó che si propagano acute nell’aria. La stoffa dei pantaloni è fusa con la carne dell’inguine, da cui si sollevano minuscole volute di fumo bluastro. MacLoss fissa la patta del ragazzo. “Come cerchi d’acqua in uno stagno tu ci getti un sasso e, quando quello colpisce l’acqua, sulla superficie si formano ondeggianti cerchi concentrici. Uno spettacolo che non stanca i sensi. Senti che la mente a poco a poco si svuota e per un istante il mondo appare davvero per com’è: un luogo di connessione e condivisione. Poi l’effetto del sasso svanisce e si ritorna al mondo per come non è. Ragazzo, mi senti?”
“Sì…”, risponde il ragazzo in un fil di voce, “la sento.”
“Come hai detto? Puoi ripetere?”
“Ho detto che…” – un lampo di stupore accende gli occhi del ragazzo – “Ma cos…?!” – cautamente le sue mani si sfiorano la patta – “Io… io lo sento! Lo sento di nuovo.”
“Ora alzati in piedi”, lo esorta MacLoss.
Il ragazzo obbedisce incredulo, sollevandosi sulle proprie gambe – muove timidi passi sul palco. MacLoss esulta: “Miracolo!”
La sala convegni è scossa da un sobbalzo di meraviglia – migliaia di spine dorsali che vibrano come diapason. Irraggiato dai riflettori MacLoss solleva le braccia al cielo, con la tutina verde che sfavilla e il corpo snello allungato in uno slancio di connessione cosmica.
“Riprendete tutto!” – “Tutto, tutto, tutto!” – “Anche voi, là in fondo.” – “Non voglio perdere neanche un soffio di questo momento.”
Perfettamente guarito, il ragazzo dei Ghiacci si allontana dal palco – sul viso il sollievo inebetito della guarigione.