Male incastrato tra i vicoli del centro, il mio appartamento si apre a infiltrazioni acustiche dai quattro punti cardinali: voci s’incanalano da più parti come folate centripete, riunendosi in soggiorno o battendo sulla porta finestra della camera da letto.
Non si conoscono tra loro, le fonti, né si sospettano a vicenda. In casa avvengono sovrapposizioni e giustapposizioni di timbri dialoghi imprecazioni che nessuno, a parte me, può ascoltare.
Impossibile, per la signora che alza la voce a nord-est contro un figlio, poco distante, sapere che da ovest le risponde un rutto profondo e lontano.
Sono convinto che intorno alle ventitré, quando ogni sera vengo interpellato da questo coro sconosciuto a se stesso, sia solo una mia impressione.
Per non prendermi per matto seguito a trattenere una risposta, che si gonfia si gonfia si gonfia ostruendomi, provocandomi spiacevoli episodi di apnea notturna.
da “Volevo fermarmi a tre righe ben scritte” (Gorilla Sapiens Edizioni 2019)