Divembre. 2.6.
La voce che sento non copre gli assillanti sgocciolii ne i perniciosi sguisc-sguisc che rimbalzano fra le nude pareti e che continuano a penetrare sordidamente nei miei orecchi tesi a paletta. Ad un tempo stentorea, flautata, zuccherosa, eterea, virginale e sensuale, tamburella, provvidenziale come un bicchiere d’acqua fresca in piena estate, dentro inesplorate profondità cerebrali. Purtuttavia, anche se non leggo alcun movimento sulle sue fanciullesche labbra a cerasella, so per certo che (la voce) appartiene alla silfide che mi sta di fronte, si, proprio quella che tiene entrambe le mani appoggiate sulle burrose curve dei fianchi e che in questo preciso momento ostenta, inarcando artatamente all’indietro la schiena scattosa, un vaporoso flabello di stuzzicosissimi peli pubici turchini.
“Anche se un po’ in ritardo, a nome di tutti i miei concittadini ti do il benvenuto a Castronovo di Sicilia… Chiedo scusa per lui… lui… lui e lui e…” dice indicando ad uno ad uno tutti i presenti. “Non è per cattiveria che non ti danno ascolto… E’ che da queste parti non amiamo dar confidenze al primo venuto. Per S.S.Q.? Fammi pensare un po’… Uhm… Uhm… Sì. Certo. Facilissimo. Ascoltami attentamente… Dunque, appena esci da qui cerca sul selciato le tue ultime orme. Cercale bene però e non farti imbrogliare! Le orme, spesso e volentieri, hanno la canagliesca abitudine di mischiarsi ad altre orme vecchie e nuove e ciò per soddisfare quell’insano piacere che provano nel confondere i viandanti più sprovveduti. Bada però! la “Via dell’Aceto” è più vicina di quanto tu possa immaginare… Dicevo? Ah! Quando sarai certo di averle ritrovate, seguile a ritroso avendo cura, mi raccomando, non solo di farvi combaciare sopra le suole delle tue scarpe ma anche di sottrarle man mano che retrocedi dal totale dei passi che ti hanno condotto fin qui. Così facendo, puoi giurarci, il tuo ritorno è assicurato… Ma, prima d’andar via, ti prego spegni, me lo devi fosse solo per ripagarmi dei preziosi suggerimenti che t’ho or ora dato, spegni all’istante questo linguacciuto prurito, questa voglia insaziabile che m’hai involontariamente acceso”.
Sono davvero mie queste mani pronte, lubriche, animose come ali di piccione impiccione che svolazzano vicinovicino al già fradicio anfratto turchinocorallino e fiorano ed esplorano e apprezzano e sguazzano? Un ultimo bacio suggella qualcosa di indefinibilmente importante tra noi, poi, malvolentieri, mi allontano… Riacciuffo le mie orme proprio mentre tentavano di sfuggirmi rintanandosi dietro le sbarre di un tombino. Adesso, mi dico, non devo far altro che attenermi alle preziose istruzioni della bella fatina turchina: e allora le seguo a ritroso… le sottraggo dal totale dei miei pas… …ritorno indietro sull’ultima orma certa e ricomincio a sottrarre… ma il conto non torna… Mi perdo in un dedalo di vie e viuzze, di piazze e piazzette, di vicoli e vicoletti, di cortili e cortiletti… Ad un certo punto, dopo avere scavalcato un basso muretto di pietra, giungo in un terreno coperto di erbette stente. In fondo c’è un altro muro. Più m’avvicino più m’appare alto. Vi giro attorno più e più volte in cerca di una entrata che non trovo…