Il Capo ci guida a colpi di pianto. Se piange, bisogna fare qualcosa. Se smette di piangere, vuol dire che quella cosa va bene e si deve continuare. Se invece riprende a piangere vuol dire che bisogna fare altro, provare una cosa o quell’altra, a tentoni. Oppure il Capo a volte piange solo perché ha fame e allora lo si deve nutrire a grandi cucchiaiate. Se ha mangiato e piange ancora, si può provare a dichiarare guerra, marciare contro qualcosa, contro qualcuno, in nome di una qualche libertà, oppure indire nuove elezioni per rinnovare la classe dirigente. O far partire un video porno. O, al limite, provocare una scazzottata in un bar. Ma se tutto questo non basta, non resta che far scattare l’appaluso, applaudire a vanvera, applaudire con sincera passione, forsennatamente. Allora il Capo di solito si quieta e ci guarda tutti benignamente dall’alto delle sue trecentocinquanta tonnellate. Ci osserva a lungo curioso e infine parte col dito in bocca a ciucciare imbronciato, poi pian piano piega il testone sul petto e si addorme.