Imbarcato sulla corvetta San Giulio della Marina pontificia, il medico Valerio Capece entrò nel porto di Napoli un mezzogiorno della primavera del 1837.
L’epidemia di colera soffiava il suo tanfo di morte nei visceri della città e Valerio Capece, uomo di scienza che tra l’altro aveva letto e apprezzato le Operette morali del suo connazionale conte Leopardi, ebbe la visione dei fazzoletti impregnati di aceto e premuti contro la bocca e il naso, delle scale a pioli vertiginose lungo le quali i cadaveri venivano calati per essere stipati nelle grotte di tufo sotto la città.