II
“E’ arrivato l’inverno.
Sono finite le feste ed i
cappelli. Adesso le signore
e le signorine belle non po-
tranno più tutte solesolette
ancheggiare per le vie del
paese”
Ma grand-mére.
Genbraio. 1.
Passi sveltisvelti, così scoordinati che senza avere preoccupazione alcuna di esagerare, si potrebbero definire “(passi) da squilibrato”, mi allontanano, voglio sperare una volta e per tutte, da questo abominoso insediamento di bipedi irascibilissimi quasi sempre coperto e in qualunque stagione dell’anno da una tanto sconfortante quanto impenetrabile cortina giallobrunastra di rancore. E niente e nessuno, eccettuati alcuni sbreccati balatoni sporgenti di pietra ferrigna – sbirreschi inciampi per inavveduti viandanti in transito – e l’ispida erbetta di uno scolorito verdesmeraldino che seppure appena spuntata di tra le strette commessure lapidee di tanto in tanto solletica irriguardosamente le suole delle mie scarpe, potrebbe contrastare questi passi impazienti che, pace per i miei orecchi da fuggiasco, risonano forteforte sul selciato!
Piacevolmente deserta, la strada, una S.P. dissestata, lenta, ma ancora capace di infondere in chi ha la fortuna di percorrerla una indiscutibile aura di rispettabilità, ama assecondare le stravaganze di un territorio per lo più incolto che, in certi tratti, con una tracotanza a volte singolare, non manca d’ostentare peculiarità che fuor di ogni dubbio più si addirebbero ad un paesaggio alpino, per poter meglio rivaleggiare con un torrentello che rumoreggia quasi parallelo in fondo a una sua scarpata. Libero da lacci di qualsivoglia natura, l’Occhio, mai sazio, corre dietro agli sfuggenti luccichii di questo filo d’acqua smarrendosi, ogniqualvolta gli si presenti l’occasione – a dire il vero abbastanza spesso – fra i tanti ansanti gorgoglii. E di gorgoglio in gorgoglio, rapidamente, eccolo raggiungere le estreme latitanze visive dove scorge ‘quasi per caso’, ’picipici’ , sì, giustappena un informe puntolino colorato, ma ben distinguibile tra la rara vegetazione scheletrica che cresce stenta fra le dune di un litorale assediato di continuo dalle onde di un mare burrascoso, uno dei tanti altri miei Doppi giusto nel momento in cui inforca al volo una bicicletta e, pedalando a più non posso, comincia a risalire il greto sassoso del torrentello. E quand’ormai mi è tanto vicino da poterne con un solo colpo d’occhio leggere le mille contrastanti espressioni che colorano ogni tratto del suo viso, ecco che una delle ruote della bici, l’anteriore credo, s’impantana irrimediabilmente nelle impraticabili lutulenze bluastre di un guado. Neanche a farlo apposta, …