La conta appoggiata all’albero, l’albero tocca di più.
Il vento il vestito il silenzio la casa alle spalle, corteccia rossore avambraccio ventuno nel buio i fosfeni ricordi del sogno la stanza le tende ventotto il rumore nell’angolo trenta non è novità.
Voltandosi è:
chiusa in un barattolo vuoto di marmellata, il quarto scaffale inesplorato da tempo in dispensa, l’odore e il tatto ancora vivi; sparita la casa; fra trentacinque anni, il cadavere del ricercato ai suoi piedi, non del tutto decomposto, l’odore e il tatto ancora vivi; l’albero, lei un’altra; calata la sera, diversa stagione di abiti errati; rotta in pianto; com’è sempre stato: l’ipotesi infera.
Un letto una stanza due tende tre metri la porta il rumore la sera la notte la notte poi il giorno le tende la luce la pelle.
La madre la vede passare di corsa la coda dell’occhio la porta cornice è mattina coi fuochi già alti.
Interno geometria disordine giardino. Manca il perimetro scende il fratello. Distanza.
La conta prosegue e l’albero, l’albero tocca di più. Il vento il vestito il silenzio dei lustri la casa la morte non è una bambina, non è mai stata.