Inutile condire d’aggettivi e infiorettature il genuino stupore che colpì l’etnologo Lamberti quando, giunto nella remotissima landa di Aqquas nel deserto di Wadi Rum, vide gironzolare sulla soglia di una cavità naturale non uno, non due, ma tre individui che si muovevano carponi – o potremmo dire, piuttosto, a quattro zampe, giacché l’analogia con le carpe è meno immediata. Per contestualizzare la sorpresa, va rammentato che all’epoca il sogno lubrico di ogni esploratore era la scoperta di quell’ipotetico anello mancante nella catena di farneticazioni che lega le scimmie a quelle altre scimmie che stan dritte sulla schiena, fan più cagnara e sporcano altrettanto. Non si creda Lamberti più o meno sciocco degli altri. Rientrato lo sbigottimento e impugnata la spada della scienza l’antropologo tentò d’instaurare un dialogo con gli strani selvaggi coperti di drappi, i quali tuttavia, nell’ordine: 1) non poterono o non vollero comprendere, poiché sembravano comunicare con un duro e bizzarro dialetto beduino sconosciuto al pescarese Lamberti; 2) non ne furono interessati, addirittura sembravano del tutto immuni alle meraviglie della fotocamera e del telefono satellitare del Lamberti, presi com’erano in quello strano rituale formiciforme di attenzione al terreno; 3) scostarono il Lamberti con gesti delle braccia e botte sugli stinchi. Senza scoraggiarsi, il nostro passò una giornata intera a raccogliere fotografie, intricati schemi di perlustrazione del suolo precisamente annotati sul suo taccuino, registrazioni dei versi emessi dagli indigeni. S’immagini allora la delusione quando, sul far della sera, uno dei selvaggi trovò un catartico mazzo di chiavi di tre dita sotto la sabbia. Presto tutti si rizzarono in piedi e tra indecifrabili fonemi di giubilo se ne andarono con il fuoristrada posteggiato dietro la rocca che ospitava la primitiva grotta, la quale aveva forse tratto in inganno il Lamberti. Fortuna volle che questo non fosse ancora partito per farsi bello della propria scoperta con i colleghi ma, lo si saprà, la vergogna rimane tale anche quando è vissuta in forma privata. Oppure, chi può dirlo, l’avesse fatto, godrebbe ora della gloria che attribuiscono gli idioti – del successo insomma, da condividere con qualche altro assurdo viaggio dell’ignoranza o della fantasia.
(da FRAMMENTI DI UN’ANTROPOLOGIA FANTASTICA)