L’ipernominazione del giorno distrae lo sbadato, sbanda il distratto. Altrimenti detto.
Ci sono state lapidi, una collina filmica in file ordinate, una fossa un prete un discorso, il colletto bianco sotto un cielo grigio, l’immancabile albero poco distante sotto cui – fronde, qualcuno si è detto –, le prime gocce in rima con le lacrime, un lento calare, tonfi di fretta e granulosi a coprire. Tutto molto, insomma. Cioè a dire.
Adesso però è a casa, in un altro punto del tempo, si rende conto che il caffè tarda a salire. Rumori di passi dal piano superiore, si sta cambiando lamentava un dolore ai piedi e insopportabili calze. Il colore del caffè pensato è il colore della terra sparsa sul legno, bagnata dalle prime gocce in rima con, è il colore del pacchetto, del regalo, la ricerca del nascondiglio fino al ventiquattro per non farglielo scoprire. L’ha nascosto nel defunto quando non era cadavere, gorgoglia la moca, nell’anta sinistra dell’armadio toracico, sborda macchia si spande intorno al fornello, l’odore si fonde con la prima ipotesi sulla schiusura del e il recupero dal figlio. Si va formando un piano.