Genbraio 1.4.
La piena, imprevedibile quanto impressionante, mi sorprende molto più a valle giusto quando, acquisito un considerevole vantaggio sui miei inseguitori – mi è venuto il torcicollo a forza di voltarmi indietro -, smetto di remare per concedermi appenappena un minutino di riposo. Ormai in balìa della corrente, la piroga viene sballottata più e più volte qua e là prima di schiantarsi con un rumore sordo contro uno scoglio semisommerso. Sbalzato violentemente fuoribordo, mi ritrovo ad annaspare fra i flutti brunastri di luride schiume vorticanti disordinatamente insieme ad una innumerevole quantità e varietà di aggressivi detriti che schiaffeggiano, graffiano, azzannano… Mi difendo come posso, già pronto psicologicamente al peggio, non ho dubbi, inevitabile…
Più tardi, quanto più tardi non saprei, a farmi riprendere conoscenza è un cigolio insistente, qualcosa a metà fra un frullar d’ali e un fin troppo familiare ronzio metallico: un frrzzzfrrrzzzfrrrzzz cantilenante di ruota di bicicletta che giragiragira a vuoto… Riverso scompostamente nell’acqua melmosa che ristagna fra i sassi limacciosi di un guado, valuto attentamente la gravità di ogni livido, di ogni escoriazione affiorante fra gli indumenti laceri e zuppi ma non manco di lanciare rapide occhiate investigative tutt’attorno. E quel che vedo non è per nulla confortante! Ai lati del torrente, quasi a perpendicolo sulle sponde, due compatte pareti di roccia inviscidita da un’umidità perenne s’innalzano decise per più di una decina di metri fino in cima dove allignano fitti grovigli di rovi attraverso i quali, da qui sotto, a malapena si riescono a distinguere gli azzurri pallidi tendenti al grigio malaticcio del cielo. E allora? Allora, mi è subito chiaro che ammesso riuscissi a scalare pareti tanto difficili, una volta lassù dovrei vedermela con una impenetrabile muraglia di spine vive! Perciò, scartata a priori anche l’eventualità di ritornare indietro sui miei passi risalendo il torrente – finirei di sicuro drittodritto in bocca ai miei inseguitori -, decido, accada quel che accada, non appena sarò in condizione di rimettermi a camminare, di seguire il corso del torrente fino a mare. “Poi” mi dico per farmi coraggio “si vedrà”.
Già di per se procedere nell’acqua…