VIVA IL BULLERI

C’è una regione del cervello dove si nasconde il dolore. E’ situata fra l’aorta e l’intenzione, citando un Poeta, un signore sfregiato in faccia e morto di tumore al polmone. E’ una massa dai contorni violacei e in qualche modo nubiformi. Cioè grigio scuro, tipo fuliggine, che è il colore delle fiabe di Perrault. Ma anche della letteratura di Celine, o di Giancarlo Fusco, oppure di Metello Buongiorgio, un mio amico Poeta che scrive elenchi basici di donne coi baffi sopra – e coi baffi sotto. Anche le ascelle, talvolta. Un amore ascellare, diceva il Poeta. Quest’altro Poeta è ovviamente un altro mio amico, Dici Nulla, di Peccioli & Periferie Annesse. Ma la sua fama arriva anche a Madonna dell’Acqua, vicino Pontremoli Sud. Ma anche nel Pallesse, sotto lo Spin, si parla molto di lui e di sua sorella. Soprattutto di sua sorella, la Giusy. Oppure la Dany, la Susy, la Mony, la Tere. A latere mettevo in risalto, talora, l’accadere insulso delle cose e anche delle altre cose. Circa, volevo dire, allorquando mi ricordassi delle cazzo di cose che scrivo in preda alla Sambuca. Ma volevo dire del dolore, quello persistente, insistente, che non passa nemmeno con il Tachidol. Il dolore che ciò che ha di più vivo è sé stesso. Il dolore insiste sotto pioggia e neve e grandine e fenomeni atmosferici diversi. Il dolore smangia la vita come fa la varechina, che almeno sbianca. Invece il dolore lascia una scia gialla, come di piscio di vecchio sulla neve. Saluti e soprattutto Bulleri. Bulleri everywhere.
W il Bulleri

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