Genbraio. 3.
La certezza che stava per annottare l’ho avuta poco fa quando, in concomitanza con una galoppante sonnolenza, ogni cantuccio vicino e remoto si è riempito di sordi scricchiolii ai quali è subentrato lemme lemme un febbrile raspare d’artigli. Artigli che, sebbene qua dentro non si riesca a distinguere un tubo ad appena un palmo dal naso, mi ostino a volerli di un biancastro traslucido e con le punte consumate per il tanto sgraffiare sul legno stagionato del portone d’ingresso sbarrato davanti all’oscurità notturna. E se con stizza puerile, divenuto a comando “tutto sguardo”, provo a forzare con un po’ più di convinzione il buio opprimente che mi avvolge, non solo vedo quei cinque solchi arcuati e paralleli che sfregiano irrimediabilmente il pannello inferiore del portone, ma, sempre che lo voglia, riesco persino a quantificare fino a quando i numeri mi accompagnano, quei trucioletti biondi e arricciati che sbocciano come per incanto da sotto gli artigli e poi precipitano giù volteggiando lentamente verso il pavimento… All’improvviso una zampa cala decisa sulla maniglia e la tenta… una… due… tre volte…. Il portone si apre verso l’esterno e per una manciata di secondi la curva silhouette di una coda canina si materializza nel nulla tra i due stipiti. Distolgo lo sguardo attonito dalla soglia. Fisso un irraggiungibile soffitto. Solo ora mi accorgo d’essere rimasto per tutto questo tempo disteso immobile sul gelido pavimento. Stiracchio le braccia intorpidite. Le allungo ben oltre le robuste sbarre di una testiera immaginaria e nel mentre affondo entrambe le mani con le dita contratte in un gestaccio fra stoffe sfruscianti, borbottanti zanzariere, sbrindellate reti per la pesca d’altura, amache sfondate, gomene… I piedi invece, da vere creature del Sogno, toccano appena, tanto vanno veloci, gli umidori saturnini della sabbia e si allontanano da me, forse per sempre. In lontananza, più e più volte un ululato mannaro omaggia la Bianca Signora. Un discontinuo russare scuce e ricuce qua e là sopra le gessose asperità delle pareti torbide storie…