(Ci)
Aveva il sapore dell’orizzonte degli eventi, vibrava di rumore di fondo.
La luce urtata, a solchi, iperfine,
si ribellava allo sguardo,
al mio, al suo,
collassando di oblio.
Vicino, un momento di torsione,
angoli crollati prossimi allo zero
e troppo futuro,
trop[udjat orbita acrofonia lembi weakly interacting massive particle]pe persone.
O.S.
È sabato.
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Sì, ma osserva appena oltre.
Guarda [pieghe antoptosi derma], guarda quanta agitazione.
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Stai piangendo?
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Era un fronte d’onda.
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Elastico?
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Meno di me.
Per favore, aderenza non verità: puoi?
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Solo se riesci a mostrarmi tutti i loro volti:
deforma i vuoti, amplifica le frequenze.
Puoi?
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Si interrompe!, volta pagina, come va avanti?
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Polvere e montagne.
(Puoi?)
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(Con un tuo imperativo, sì.)
Mentre ricucio il marmo, raccontami una storia.
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Ecc. ecc.
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Sa di sabbia e neve bagnata.
Il diaframma si distende
e, insieme, l’ergosfera.
Ogni linea tra le mani, sulle mani, gronda attesa.
A Bauman, in quell’angolo, mentre ci osserva, sale la febbre.
Gli sorrido, si accarezza una tempia.
Mimo il suo gesto, si accendono
meglio i neuroni specchio, ci guardiamo fino al fondo degli occhi:
insieme agli alberi e alla sua pipa, là dentro, incontro tutta la sua memoria.
Poi, distoglie lo sguardo e fissa te che, perso nei simplessi, neanche lo noti.
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Mi sa che ti desidero.
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Ti ho messo tra le labbra parole non tue. Punti di realtà.
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Ti [ruggine nicto urti crepe rami אור ] faccio male?
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(scuote la testa)
Attendo, senza troppo senso di attesa.
Concordo sull’universale solo se verbo:
ciò che, anche se costante, può essere variabile.
[bordi tensori ocra sinterizzata Lissajous antenne]