da I GIORNI QUANTI (16)

Alle nove è già fuoco. Due bambine venute fuori da una fotografia di Diana Arbus o da una poesia di Spoon River o da un fotogramma di Shining, una più alta, chiedono all’unisono e ripetono, vogliamo acqua per respirare.

La mosca atterrata sul mio ginocchio, compiaciuta, si strofinò le zampe anteriori. Strofinò, stro-finarsi, stro-finare, stro-finìo, strò-fino.

La protezione del culo di mia figlia sotto forma di mutande bianche, spesse, candide.

Alla domanda che mi feci potevo non rispondere: ma è tua figlia?

La figlia si allontanò, scomparve dentro casa per una ceres per un magnum per proteggermi. Intanto calava il buio ed era sempre fuoco. Provai ad accendere il motore dell’auto per essere pronto, avessi avuto bisogno di scappare in fretta.

Ho l’angoscia che mi mangia le dita: comincia dai polpastrelli e non risparmia le unghie. Falloppio. Tromba di Fallopio. Le Trombe di Fallopio e il Trombettista Rigido. Rigido e sotto fuoco spinto. Rigato.

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