“Non è importante…” /1.

Non solo: quel favore che nasce al giorno ogni giorno, e che pare trovar vuota la vita – piena, cioè, di cose
da mettere dentro – come un autobus (vuoto) che sembra aspettarti al suo capolinea, inizia via via a
riempirsi di tanti perché. Anzi, per niente via via: all’improvviso di tanti perché. E comincia a stufare il
migliaio e migliaio di nasi al minuto, il croma, l’immenso cromatico di un fiume di occhi, di sguardi, di
ciglia, così come scendono a valle popoli e popoli di frasi e parole, inondando, di te, la tua tanta pazienza.
Stufarsi, stufarsi dei volti, ecco, è una strana vicenda.
E poi continuava: partenza in orario e, della Radio, il piazzale, con indosso le sempre quattr’ore di sonno, e
un autobus intero, intorno, più stanco di te. La cartesiana certezza – nel senso degli assi – che ci tacquero
al mondo col gioco del salto, del grande coperchio. Quanto pute quest’anno di tanto ‘94, dall’alto, dall’alto
di un giorno ecc. ecc.
Intanto, ancora non svegli erano i treni, che passavano a prenderti all’alba giusto qualche mese fa per
portarti al lavoro. Vi era dunque un’alba di un’alba di un’alba che valeva una notte, come da noi.

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