Così, si è improvvisamente allagato il giorno di discorsi fino a sera, un open space eppure bellissimo affacciato dal trentunesimo in giù, sul parco, pareti tuttevetri come solo un’idea di New York sa fare, come solo una testa libera è in grado di immaginare, e si è invece allagata anche la sera di storie e parole, e tutte ad alzo zero. E in un attimo, il solito popolo di pensieri – piedi bagnati, chiarezza di sempre – lì, non più a cercar di capire, non vi è più nulla da capire, e l’organo più importante inevitabilmente andato. È andato l’orecchio, l’enzima essenziale che ci ha digerito nel tempo chiaroscuri e tre dimensioni, “sì, un bicchiere, dai qui, è meglio.” L’oramai curiosa e strana insopportazione dei nasi, ad esempio, non potrei spiegarla a voi, ragazzi, che di nasi ne avete ancora poca di esperienza; qui, invece, dopo un milione e un milione di nasi, potrei modellarvi un angolo di sorriso, quella linea di surrealtà che ci farebbe bene.
Anche le cose in superficie acquiscono un senso; i poli magnetici dell’approfondimento, dello scavo analogico sono oramai invertiti. Invertono anche il tragico anziano della dimentica allo stesso modo, esasperando il mattino fin allo stremo della sua alba, buonanotte, buonanotte…