Genbraio. 5.1.
Con in mente inconfessabili voglie gattono nell’acqua dilagante che spumeggia tra l’ormai lontana sponda del mio letto e quella sempre più vicina dell’altro… altissima… ad una prima impressione, inconquistabile. E invece, solo a guardar un po’ meglio, si scorge là, giusto dove mai e poi mai me lo sarei aspettato, una fila vertiginosa di gradini abbozzati nel tessuto giallo oro del copriletto fitto in questo punto di piegoline zebrate d’ombra. Non danno certezze questi gradini… mal sopportando i miei settantasette e passa chili si deformano e non appena sollevo il piede dalla pedata si disfano platealmente. Ciononostante, al termine di una rocambolesca ascesa, mi conducono all’interno di una cavità ricavata artificiosamente sotto le lenzuola e rischiarata da una luce pulsante che, scivolando su grandi tele impreziosite da corpose cornici, sveglia, con la spensieratezza di un cabarettista un po’ alticcio, le giovani donne ritratte a figura intera allato ad una finestra che sprofonda chi guarda in un paesaggio piatto sconfinato spettrale. E all’istante so, lo leggo in quei loro occhi impassibili fiorati a tratti da incredibili gatteggiamenti, che sono tutte quante testimoni di certi atti esecrabili accaduti di recente proprio nell’angusto interno dove posano… Forti schiocchi di dita risonano all’unisono nella cavità… la colmano… Mani ben curate, ingioiellatissime, escono dalle raffigurazioni, strappano i quadri dall’abbraccio incestuoso del cotone e, aggrappate alle cornici, improvvisano una danza dancala…